Google Maps compie 20 anni: 5 curiosità sul servizio
20 anni e non sentirli: tanti ne sono trascorsi dal lancio di Google Maps, datato 8 febbraio 2005. Sono passati due decenni dal debutto del servizio a cui oggi milioni di utenti si affidano per raggiungere la loro destinazione, in tutto il mondo e contando sugli aggiornamenti in tempo reale per le condizioni del traffico. Curiosamente, negli stessi giorni (14 febbraio) venne fondato anche YouTube, piattaforma che poi bigG avrebbe acquisito più avanti.
I primi 20 anni di Google MapsQui è dove ti segnaliamo 5 curiosità delle quali forse non sei a conoscenza. Partiamo con un tutto nel passato, in un’altra era, considerando le evoluzioni fatte registrare da allora nell’ambito del mondo online. Quello allegato qui sotto è il primo logo, con un’ombreggiatura che è tutto un programma.
Un programma C++L’idea originale non è di Google, ma di due fratelli danesi, Lars e Jens Eilstrup Rasmussen. Insieme a Noel Gordon e Stephen Ma dell’australiana Where 2 Technologies hanno iniziato a lavorarci nel 2003. In un primo momento, avrebbe dovuto essere distribuito come programma standalone scritto in C++, ma dopo un primo contatto con bigG cambiò e divenne un client Web. Il gruppo di Mountain View acquisì il progetto nell’ottobre 2004.
L’uragano KatrinaA fine agosto 2005, dopo soli pochi mesi di attività, l’uragano Katrina devastò parte della costa orientale degli Stati Uniti. Fu un banco di prova importante per le potenzialità di Maps: la società caricò rapidamente immagini satellitari aggiornate dell’area di New Orleans, permettendo sia alla popolazione sia ai soccorritori di valutare l’impatto catastrofico dell’evento.
Il primo vanAltro che guida autonoma: quello immortalato qui sotto è il primo van impiegato nel 2007 dal team di Google Maps per catturare le immagini a 360 gradi da caricare poi su Street View. Sul tetto è ben visibile l’attrezzatura utilizzata per acquisire gli scatti, poi ottimizzata nel tempo.
Google Maps o X FilesL’archivio del servizio è ricco di particolari molto curiosi e, a volte, quasi inquietanti. I siti Web ce li raccolgono sono davvero tanti (1, 2, 3). Uno su tutti? Un enorme viso nascosto sotto i ghiacci della regione antartica.
Pegman o Nessie?Pegman è la mascotte di Google Maps, l’omino giallo che è possibile trasportare sulle mappe per attivare la modalità Street View. Ci sono alcuni punti nel mondo in cui si trasforma in qualcosa di diverso, in pieno stile easter egg. Ad esempio sul lago di Loch Ness, in Scozia, dove assume le sembianze del mostro Nessie.
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L’improvvisa notorietà di DeepSeek ha attirato le attenzioni dei ricercatori di sicurezza. Dopo la scoperta che l’azienda invia i dati di login a China Mobile sono state individuate numerose vulnerabilità da NowSecure, tra cui l’invio di dati in Cina senza crittografia da parte dell’app iOS.
Server controllato da ByteDanceGli esperti di NowSecure hanno scoperto che l’app iOS di DeepSeek trasmette dati degli utenti e dei dispositivi su Internet in chiaro, quindi sono leggibili da chiunque con un tool per il monitoraggio del traffico. Apple offre la funzionalità App Transport Security che sfrutta il protocollo TLS, ma è stata disattivata nell’app. I dati potrebbero essere intercettati e modificati con un attacco Man-in-the-Middle.
I ricercatori hanno inoltre scoperto che molti dati sono inviati alla piattaforma cloud Volcengine gestita da ByteDance. Ciò permette il tracciamento degli utenti tramite la tecnica del fingerprinting. Sono anche inviati a Intercom, azienda che offre un SDK integrato nell’app iOS.
NowSecure ha scoperto che username, password e chiavi cifrate sono conservate in un database locale facilmente accessibile. Un’altra grave vulnerabilità è dovuta all’uso dell’algoritmo crittografico 3DES, considerato obsoleto dal NIST (National Institute of Standards and Technology) nel 2016, in quanto non offre un’adeguata protezione.
I ricercatori consigliano alle aziende e alle agenzie governative di bloccare immediatamente l’uso dell’app iOS perché non offre nemmeno le minime protezioni di sicurezza. Due politici statunitensi presenteranno una proposta di legge per il ban di DeepSeek dai dispositivi governativi. Prima del blocco imposto dal Garante della privacy, le app per Android e iOS sono scomparse dai rispettivi store italiani.
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Dopo l’interruzione forzata dallo sviluppo per il kernel, nella precedente versione 6.13, Kent Overstreet ha ripreso appieno il lavoro per la realizzazione di patch destinate al suo Bacachefs su Linux 6.14. Dopo i precedenti rilasci, sono già pronte nuove patch con ulteriori correzioni per il file system. Queste dovrebbero essere le ultime prima che Bcachefs non venga più considerato come “sperimentale”.
Linux 6.14 aggiunge altre patch per BcachefsLe nuove patch contenenti le correzioni aggiuntive per Bcachefs sono pronte e in attesa di essere unite al kernel, nel frattempo che lo sviluppatore e i tester trovano altri possibili bug. Di seguito la descrizione riportata in merito ai dettagli delle patch:
“- aggiungi SubmittingPatches per chiarire che le patch inviate per bcachef devono, in effetti, essere testate
– il percorso di scarto ora emette correttamente svuotamenti del journal quando necessario, questo risolve i problemi di prestazioni quando il file system è quasi pieno e siamo in un collo di bottiglia su copygc
– correggi un bug che poteva causare la disattivazione della contabilità del lavoro di ribilanciamento in sospeso quando i dispositivi sono online/offline; gli utenti dovrebbero segnalare se riscontrano ancora questo problema
– e altri problemi più banali”
Le correzioni dovrebbero essere già incluse con la prossima release candidate di Linux 6.14, vale a dire la RC 2 che uscirà già questa domenica. Come anticipato già prima, Kent ha anche fatto notare diversi altri bug in fase di individuazione:
“Sto monitorando alcuni bug che compaiono sui server di build nix; vorrei che qualcuno confermasse o negasse che questi si verificano o meno su 6.14, e se hai un ambiente in cui si riproduce e puoi collaborare con me per il debug, questo mi risparmierebbe un po’ di problemi…
Inoltre, un altro bug report implica l’ibernazione, per favore fammi sapere se hai dati in merito, sto ancora cercando di ricostruire cosa sta succedendo lì.
E come al solito, sii rumoroso se vedi un bug serio che non viene risolto.”
L’approvazione delle patch attende adesso soltanto Linux Torvalds.
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Dopo aver ricevuto il “due di picche” da Vodafone Italia (acquisita da Swisscom), Iliad avrebbe messo nel mirino il principale operatore telefonico italiano. Secondo le indiscrezioni pubblicate dal Corriere della Sera, l’azienda guidata da Benedetto Levi potrebbe tentare l’acquisizione di TIM. Ci sono però diversi ostacoli da superare.
MEF, Vivendi e autorità varieSecondo le ultime rilevazioni AGCOM, TIM è attualmente il primo operatore italiano su rete fissa (quota di mercato del 38%) e rete mobile (27,1%). Iliad non è tra i primi sette operatori di rete fissa con la sua offerta FTTH, mentre è al quarto posto con l’offerta mobile (10,5%).
Secondo il Corriere della Sera, l’obiettivo dell’azienda fondata da Xavier Niel è ridurre il numero di operatori telefonici in Italia e mettere fine alla guerra dei prezzi che ha causato una drastica diminuzione delle entrate del settore negli ultimi anni. L’eventuale acquisizione di TIM dovrà superare diversi ostacoli. Il primo è rappresentato dal governo (Cassa Depositi e Prestiti possiede il 9,81% di TIM).
Per questo motivo sarebbe avvenuto un incontro tra dirigenti di Iliad e funzionari del Ministero dell’Economia e delle Finanze (MEF). Una simile acquisizione richiede l’autorizzazione in base al golden power, in quanto TIM gestisce asset di interesse nazionale. Il governo chiederà inoltre garanzie sull’occupazione (TIM ha oltre 17.000 dipendenti).
Un altro ostacolo è rappresentato da Vivendi, principale azionista di TIM con il 27,35%, che potrebbe cedere la sua quota ai fondi CVC Capital Partners o Apax Partners. Tra l’altro, i rapporti tra Vincent Bolloré (Presidente e CEO di Vivendi) e Xavier Niel (fondatore e CEO di Iliad) non sono molto amichevoli.
Infine, un’operazione di questa portata richiede l’approvazione di tutte le autorità, tra cui AGCOM e AGCM in Italia. Il gruppo del Movimento 5 Stelle alla Camera ha evidenziato le possibili conseguenze negative dell’acquisizione: taglio dei costi con licenziamenti e aumento dei prezzi per gli utenti. A fine gennaio, Iliad ha annunciato l’app ufficiale per Android e iOS.
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Secondo le ultime informazioni trapelate, Nvidia sta già per dismettere la sua proposta di fascia più bassa, vale a dire la RTX 4060 uscita due anni fa, iniziando già a interromperne la fornitura dei processori grafici alle aziende di terze parti che producono schede video.
Nvidia dismette la RTX 4060 in vista della nuova RTX 5060La mossa di Nvidia anticipa ovviamente il lancio ormai dietro l’angolo della nuova RTX 5060. Interrompendo già ora le forniture, l’azienda californiana vuol far in modo di sostituire in toto sul mercato la RTX 4060, anche se la notizia dell’interruzione entro il primo trimestre di quest’anno non risulta ancora ufficiale, ma comunque verosimile, trovando anche conferma dalle fonti più affidabili che si trovano in giro.
Stando a quanto dichiarato da un post sul forum cinese IT Home, la fornitura della vecchia RTX 4060 verrà ridotta drasticamente, con un decremento di ben il 60% rispetto all’ultimo trimestre dello scorso anno. L’azienda ha già interrotto la produzione della RTX 4070 nel mese di gennaio, chiudendone anche le relative forniture future. A subire la stessa sorte pare debba anche essere la variante Super, che insieme al modello base della 4070, è già difficile da trovare in alcune regioni mondiali, fatta ancora eccezione per il mercato nostrano.
Nvidia RTX 4060 e 4060 Ti risultano invece ancora disponibili all’acquisto nella maggior parte dei mercati, incluso il nostro. Se tuttavia l’azienda conferma che la riduzione verrà ridotta del 60%, è possibile aspettarsi una disponibilità sempre più ridotta, la quale potrebbe causare un aumento considerevole dei prezzi per cui non avrebbe più senso l’acquisto.
Sempre secondo le informazioni che per adesso vanno circolando, le nuove RTX 5060 e 5060 Ti saranno vendute a un prezzo di lancio lievemente più alto dei precedenti modelli, insieme a un bus da 128-bit e varianti da 8 e 16GB per quanto riguarda il modello Ti. Il connettore di alimentazione sarà il medesimo da 8-pin, ma il consumo dovrebbe aumentare anche in questo caso.
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Questa è l’offerta giusta per dare un tocco di stile e di colore alla tua casa: la lampada LED da terra di Lanmonlily non si limita a far luce nell’ambiente domestico, ma lo fa con un approccio hi-tech. Oltre a poter riprodurre 16 milioni di colori, può entrare a far parte dell’ecosistema smart home grazie alla compatibilità con Alexa e Assistente Google. Sblocca lo sconto su Amazon semplicemente attivando il coupon dedicato. L’articolo fa parte della selezione curata dal team dell’e-commerce.
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Questa lampada LED scelta da Amazon è in scontoPuò contare su ben 68 modalità di illuminazione dinamica, a partire da quella che sincronizza il funzionamento con la musica riprodotta (il riconoscimento avviene attraverso un microfono integrato). Si collega alla rete domestica tramite Wi-Fi e comunica con un’applicazione da installare su smartphone o tablet per il controllo completo: dalla tonalità del colore riprodotto (temperatura, tinta, luminosità) ai pattern. Dai un’occhiata alla descrizione completa per saperne di più.
Non devi far altro che attivare il coupon dedicato per sbloccare lo sconto e acquistare la lampada LED da terra di Lanmonlily al prezzo finale di soli 39,99 euro. Cambierà l’atmosfera di casa tua in modo elegante, grazie al suo stile minimalista e hi-tech.
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Ha in dotazione il telecomando per controllarla a distanza, incluso nella confezione. Il montaggio e l’installazione sono molto semplici. Il voto medio assegnato dalle recensioni sull’e-commerce è superiore a 4/5. Se la ordini subito arriverà a casa tua già entro domani con la consegna gratuita. È venduta dallo store ufficiale del marchio e spedita da Amazon.
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Tails 6.12 è il nuovo aggiornamento di una delle distribuzioni Linux più rinomate per quanto riguarda la privacy e la sicurezza in rete. In questa nuova versione vengono affrontate diverse importanti vulnerabilità di sicurezza scoperte di recente, che vengono rilasciate insieme a una serie di funzionalità aggiuntive.
Tails 6.12: risolte importanti vulnerabilità di sicurezzaCome anche dichiarato dagli sviluppatori, sono state scoperte diverse vulnerabilità durante un audit tenuto da Radically Open Security. Tra queste, era stata scoperta una falla che consentiva agli aggressori di monitorare i circuiti Tor e di modificare le impostazioni di Persistent Storage, ora corretta con Tails 6.12.
Nello specifico, la falla colpiva Onion Circuits e il wrapper del browser Tor, la quale avrebbe potuto consentire attacchi informatici come il dirottamento di un’applicazione e il monitoraggio o la modifica delle connessioni Tor, con la potenzialità di rivelare le identità degli utenti. Gli sviluppatori affermano tuttavia che non vi è alcuna indicazione che queste falle siano state effettivamente sfruttate.
Per quanto riguarda invece Persistent Storage, Tails 6.12 apporta poi miglioramenti alla sicurezza risolvendo un’importante falla che, qualora sfruttata, avrebbe consentito ai malintenzionati che avevano già il controllo su un’applicazione di avere accesso alle impostazioni e modificarle. Con la patch, viene ora assicurato che i dati relativi a Persistent Storage vengano bloccati in modo sicuro, anche in caso di violazione.
Oltre alle correzioni per le falle, la nuova versione aggiunge poi nuove funzionalità, quali un nuovo pulsante per la verifica di aggiornamenti nell’utilità Informazioni su Tails, il quale rende molto più comodo il controllo di nuove versioni, un accesso rapido al terminale tramite la scorciatoia da tastiera Ctrl+Alt+T e aggiornamenti alle applicazioni preinstallate, come Tor Browser 14.0.5 e Thunderbird 128.6, con le ultime patch di sicurezza e ottimizzazioni alle prestazioni.
Tra i problemi noti, Tails 6.12 si occupa anche di risolvere un problema con la crittografia LUKS2, la quale in caso di problemi durante la procedura, presenta ora un messaggio di errore più semplice per l’utente, una modalità isolata per Python allo scopo di ridurre i rischi che script dannosi possano scalare i privilegi e molto altro che è possibile consultare nel dettaglio nella lista dei cambiamenti ufficiale.
Come di consueto, i download sono disponibili nella sezione apposita, mentre chi ha già installato il sistema può ottenere la nuova versione tramite aggiornamento automatico o manuale.
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Meta ha utilizzato le copie pirata di numerosi libri per l’addestramento dei suoi modelli Llama. Dalle email allegate ai documenti presentati in tribunale per la causa attualmente in corso risulta chiaro che i dipendenti dell’azienda californiana hanno scaricato quasi 82 TB di dati dalle cosiddette “librerie ombra”. L’autorizzazione sarebbe arrivata direttamente dal CEO Mark Zuckerberg.
Copie pirata scaricate tramite TorrentMeta è stata denunciata da diversi autori all’inizio di luglio 2023 per aver utilizzato le loro opere, violando il copyright. Due giorni fa sono state depositate prove schiaccianti che dimostrano la colpevolezza dell’azienda di Menlo Park.
I dipendenti di Meta sono stati autorizzati a scaricare circa 82 TB di dati tramite Torrent. La fonte è il sito Anna’s Archive, attraverso il quale si possono scaricare le copie pirata dei libri ospitati da note “librerie ombra”, tra cui LibGen e Z-Library. Gli avvocati degli autori sottolineano che in passato sono state avviate indagini penali per una quantità di dati molto inferiore (circa lo 0,008% di quelli scaricati da Meta).
Alcune email presenti nella documentazione confermano che Meta era consapevole dell’illegalità. Un ingegnere aveva evidenziato i rischi derivanti dall’uso di un notebook aziendale per scaricare i dati tramite Torrent, in quanto venivano esposti gli indirizzo IP dell’azienda. Aveva quindi suggerito di usare una VPN.
Meta ha ammesso il download da LibGen e altri simili librerie, ma afferma che l’uso dei dati per l’addestramento dei modelli Llama è consentito dalla legge sul copyright perché si tratta di “fair use”. Vedremo cosa deciderà il giudice alla fine del processo.
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KDE Gear 24.12.2 è l’ultimo aggiornamento di manutenzione del pacchetto di applicazioni open source, con diversi miglioramenti per software come Dolphin, Itinerary e molte altri, insieme alle consuete correzioni per i vari bug.
KDE Gear 24.12.2: disponibile l’ultimo aggiornamento di manutenzioneCon KDE Gear 24.12.2 vengono applicate delle correzioni relative a regressioni su Dolphin in X11, le quali causavano lo spostamento del focus della tastiera sui pannelli Risorse o Terminale, se l’applicativo veniva ridotto a icona e riattivato dopo.
Oltre a ciò, gli aggiornamenti interessano anche Itinerary, l’assistente per il viaggio che apporta alcuni miglioramenti a dei servizi interni, ripristinando degli accessi ai dati per i trasporti pubblici locali riguardi alcune regioni mondiali.
KDE Gear 24.12.2 ottimizza poi il caricamento dei tag IMAP, correggendo alcune query SQL in modo che non superino i limiti imposti dal linguaggio nel servizio in background Akonadi per le app KDE PIM. Viene anche corretta una funzionalità nella calcolatrice Kalk.
Gli aggiornamenti includono novità per tanti altri applicativi aggiornati, tra cui Akregator, Alligator, Elisa, Filelight, KAddressBook, KAlarm, Kalm, Kamera, Kasts, Kate, KBlocks, Kdenlive, KDevelop, KLettres, KMail, Koko, Kongress, Konqueror, Kontact, KOrganizer, KTrip, KWeather, KWordQuiz, NeoChat , Okular, Skanpage e Spectacle. Non mancano cambiamenti per le librerie correlate e i componenti principali, per cui è possibile consultare la lista completa dei cambiamenti disponibile nella pagina ufficiale.
Per ricevere KDE Gear 24.12.2 basterà invece attenderne l’arrivo nei repository della propria distribuzione, eseguendone l’installazione il prima possibile per assicurarsi di avere la migliore esperienza.
Nel frattempo, KDE lavora anche a Plasma 6.3, avendo reso disponibile il 24 gennaio dello scorso mese la Beta 2 della nuova versione dell’ambiente desktop, dove è stato migliorato il supporto per systemd-homed, consentendo una miglior gestione della password da parte dell’agente Polkit KDE. Vengono poi aggiunti nuovi moduli, come Spectacle e Snap KCM, rivista l’interfaccia utente per la tavoletta grafica e molto altro.
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L’autenticazione a due fattori, anche detta 2FA (Two-Factor Authentication) è senza dubbio uno dei metodi più sicuri e accessibili per proteggere i nostri account. Questo sistema di protezione ampiamente diffuso, per quanto semplice, è molto efficace e aggiunge un livello di sicurezza al classico log-in composto da nome utente (ID) e password.
Molti usano già la 2FA su gran parte dei propri account, altri, per risparmiare tempo ed evitare la “seccatura” di dover confermare la propria identità ad ogni accesso, preferiscono evitare. In questo articolo approfondiremo l’argomento per comprendere se è realmente necessario attivare l’autenticazione a due fattori su tutti i propri account, come funziona e come attivarla.
La password da sola non basta piùAnche le password più complesse hanno dei limiti strutturali. Inoltre, come riportato da diversi studi di settore, gran parte degli utenti scelgono password deboli o, ancora peggio, usano la stessa password per tutti gli account. Questo vuol dire che una singola violazione, ad esempio di un account social, potrebbe consentire a un malintenzionato di accedere alla nostra casella di posta elettronica o, ancor peggio, a conti bancari e altri account personali.
Se pensate che la vostra password sia inviolabile poiché super complessa, purtroppo, vi sbagliate. Anche una password composta da simboli, numeri e lettere può essere violata dal momento che si trova all’interno di un database che, potenzialmente, può essere violato. In questo contesto, l’autenticazione a due fattori si propone come un valido metodo per colmare la vulnerabilità del sistema di accesso classico, composto da ID e password, richiedendo all’utente un’ulteriore conferma al momento dell’accesso.
Quanti tipi di 2FA esistono e come funzionano?L’autenticazione a due fattori è un sistema molto semplice: dopo aver inserito la password, l’utente deve completare un secondo passaggio per accedere al proprio account.
Questo secondo passaggio può consistere in:
- Un codice generato tramite app: utilizzando un’app come Google Authenticator o Authy, viene creato un codice temporaneo che cambia ogni 30 secondi e va inserito per completare l’accesso.. Di norma durano pochi minuti e garantiscono un singolo accesso all’account. Se avete un internet banking o un’applicazione legata al vostro conto bancario vi sarà già capitato di usarli per accedere al conto.
- SMS o email: alcune piattaforme streaming, come Netflix ad esempio, richiedono una conferma di accesso che viene inviata tramite mail o SMS a seconda della scelta dell’utente quando si prova ad accedere da un dispositivo non registrato sull’account. In questo caso è sufficiente aprire la mail o il messaggio e cliccare sul link di conferma per dare conferma ed effettuare l’accesso.
- Token hardware: esistono anche dei dispositivi fisici, come YubiKey o Titan Security Key, capaci di generare un codice o, in alcuni casi, connettersi direttamente al dispositivo per autenticare l’utente. Le YubiKey sono molto diffuse in ambito bancario.
- Dati biometrici: questo metodo di accesso sempre più diffuso grazie all’inclusione di lettori di impronte digitali e fotocamere avanzate su smartphone, notebook e tablet, consiste nel confermare la propria identità tramite l’impronta digitale, il riconoscimento facciale o la scansione dell’iride, rendendo il processo immediato e sicuro.
L’autenticazione a due fattori ha un solo scopo: incrementare il livello di sicurezza dei vostri account personali. Se per un hacker può essere relativamente facile ottenere la password o la mail/nome utente che usiamo come ID, è molto più difficile confermare l’identità (ovvero fornire il fattore aggiuntivo) al momento dell’accesso.
Inoltre la 2FA riduce considerevolmente il rischio di phishing, poiché il codice di autenticazione che viene generato al momento del login ha una vita limitata e, una volta scaduto, non è più valido.
Quali sono i limiti dell’autenticazione a due fattori?Nonostante i suoi vantaggi, la 2FA non è invincibile. Alcuni metodi, come l’autenticazione via SMS, sono vulnerabili a determinate tipologie di attacco come il SIM swapping e lo spoofing delle reti mobili. Inoltre, la dipendenza da dispositivi fisici o da un telefono può rappresentare un problema in caso di smarrimento o malfunzionamento. L’autenticazione via SMS o email è meno sicura rispetto alle app di autenticazione o ai token hardware, perché può essere vulnerabile a SIM swapping, phishing e attacchi man-in-the-middle.
Per questo motivo, è importante scegliere metodi di 2FA più sicuri, come le app di autenticazione o i token hardware, e predisporre backup affidabili per situazioni di emergenza.
Come si attiva la 2FA?Molto spesso, l’autenticazione a due fattori viene attivata di default al momento della creazione di un nuovo account. Tuttavia, in alcuni casi, l’utente ha la possibilità di scegliere se attivarla o meno durante la fase di registrazione. La prima regola è di selezionare sempre la 2FA in fase di registrazione. Tuttavia, se in passato avete deciso di non farlo per comodità o noncuranza siete ancora in tempo per attivarla.
Ogni piattaforma segue procedure leggermente diverse, ma il processo generale è abbastanza intuitivo:
- Come attivare la 2FA: nella maggior parte dei casi basta andare su impostazioni e entrare nel menù “Sicurezza” o “Gestione account”. A questo punto sarà necessario individuare la voce “Autenticazione a due fattori” o “Verifica in due passaggi” e selezionare la relativa spunta.
- Scegliete la 2FA che preferite: potete scegliere se dare conferma tramite app di autenticazione, SMS, email o altri metodi supportati dalla piattaforma sulla quale stai attivando la 2FA.
- Seguite le istruzioni: il servizio sul quale stai cercando di attivare la 2FA vi guiderà attraverso i passaggi necessari per completare l’attivazione. In alcuni casi sarà necessario scaricare un’app o, in alternativa, fornire un numero di telefono per l’invio di codici e link di accesso.
- Salvate i codici di backup: molti servizi forniscono codici di emergenza da utilizzare in caso di perdita dell’accesso al sistema 2FA. Consigliamo caldamente di salvarli e conservarli in un luogo sicuro. Quando attivate la 2FA, assicuratevi di salvare i codici di backup in un posto sicuro (ad esempio, un gestore di password o un dispositivo offline). Senza di essi, potreste perdere l’accesso ai vostri account se smarrite il telefono o l’app.
Una volta attivata, l’autenticazione a due fattori verrà automatizzata e vi chiederà di confermare la vostra identità ad ogni accesso. Solitamente, a questa misura di sicurezza viene associato un sistema di notifiche push che invia un SMS o una mail (a seconda della preferenza scelta) per confermare l’identità prima di fornire l’accesso all’account protetto.
Le migliori app per la 2FASe non siete sicuri di voler affidare i vostri dati biometrici, il numero di telefono o l’indirizzo email a un sito o a un’app della quale non conoscete il produttore, potete scegliere tra diverse alternative gratuite e affidabili per implementare l’autenticazione a due sui vostri account.
Tra queste, le più popolari sono:
- Google Authenticator: una delle opzioni più utilizzate dagli utenti a livello globale. Questa soluzione è totalmente gratuita ed estremamente semplice da configurare. Se avete un indirizzo Gmail e fate affidamento sulla suite Google per gestire il vostro Wallet, le password e gli account, questa è senza dubbio la soluzione più pratica e sicura.
- Authy: questa app offre funzionalità aggiuntive come il backup cloud e la sincronizzazione tra dispositivi garantendo un ulteriore livello di sicurezza. Come Google Authenticator è gratuita e può essere impostata per l’accesso a tutti i tuoi account.
- Microsoft Authenticator: se siete utenti Windows, potete scegliere questa pratica app integrata con i servizi Microsoft.
- Duo Mobile: questa app è perfetta per uso aziendale, ma può rivelarsi ottima anche per i privati. Il sistema Duo Security al quale si appoggia genera dei codici di accesso e invia notifiche push per facilitare l’autenticazione sui vostri dispositivi.
Tutte le app sopracitate sono presenti su Google Play e Apple Store e si possono usare per attivare l’autenticazione a due fattori su qualsiasi account o dispositivo, indipendentemente dal sistema operativo in uso.
Perché conviene attivare la 2FA?Integrare l’autenticazione a due fattori sui propri account è semplice e offre un livello di protezione aggiuntivo che può rivelarsi fondamentale qualora un malintenzionato dovesse tentare di accedere al nostro account. In un’era in cui le minacce digitali si moltiplicano ogni giorno con approcci sempre più complessi ed efficaci, questa semplice misura può fare la differenza. Per questo, qualora non l’aveste già fatto, vi consigliamo di verificare che tutti i vostri account siano già protetti dall’autenticazione a due fattori e, in caso contrario, di attivarla al più presto.
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Il CEO Sundar Pichai ha dichiarato recentemente che verranno annunciate diverse funzionalità AI per Google Search nel corso del 2025. Una delle novità potrebbe essere AI Mode, un’esperienza di ricerca che sfrutta il modello Gemini 2.0. I test sono in corso all’interno dell’azienda californiana.
Versione potenziata di AI OverviewsIn diversi paesi (non ancora in Italia) è disponibile la funzionalità AI Overviews (in precedenza nota come Search Generative Experience). Quando l’utente effettua una ricerca viene mostrato il risultato attraverso un breve riassunto generato dall’intelligenza artificiale. Il tradizionale elenco di link (esiste un trucco per eliminare i risultati AI) si trova più in basso. AI Mode dovrebbe essere una versione potenziata e quindi migliore.
Nell’email inviata ad alcuni dipendenti di Google viene chiesto di testare una nuova esperienza di ricerca intelligente che sfrutta una versione custom del modello Gemini 2.0 in grado di “ragionare”. Ci sono anche alcuni esempi di query per verificare la qualità delle risposte.
Per attivare AI Mode è necessario cliccare sull’omonimo pulsante in alto a sinistra nell’interfaccia desktop di Google Search. Si ottiene così un’esperienza simile a quella offerta dal chatbot Gemini. Ci sono due principali differenze rispetto alla funzionalità AI Overviews.
Le risposte alle query di ricerca occupano uno spazio maggiore e sono stati completamente eliminati i link tradizionali. Alcune fonti sono visibili lungo il lato destro in forma di card. Alla fine della risposta c’è un campo di testo che permette di fare altre domande sullo stesso argomento.
AI Mode è disponibile in test anche su mobile, dove è possibile usare i comandi vocali. Quasi certamente, la novità verrà annunciata durante il prossimo Google I/O.
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Grazie all’aggiornamento di Gemini 2.0 Flash, basta condividere un link a un video e l’intelligenza artificiale estrarrà le informazioni chiave in pochi secondi. Non è più necessario guardare un tutorial di 15 minuti per avere una ricetta o capire cosa fare se lo schermo di Windows diventa nero.
Gemini guarda i video YouTube per noi: ecco come risparmiare tempoAd esempio, Gemini è in grado di sintetizzare le fasi di preparazione di una torta da un video di cucina, anche se le istruzioni non sono scritte nella descrizione. È un bel risparmio di tempo, soprattutto quando i contenuti sono troppo lunghi o ridondanti.
Tuttavia, l’accesso a questa funzione richiede alcune modifiche. Nell’applicazione mobile o nella versione web di Gemini, gli utenti devono attivare l’opzione sperimentale “2.0 Flash Thinking with apps”. Un dettaglio tecnico importante: il link del video deve essere copiato tramite l’opzione “Condividi” di YouTube, altrimenti verrà generato un errore. Una volta configurato, Gemini può interagire anche con Google Maps o Search, ma è l’integrazione con YouTube a spiccare.
Un enorme passo avanti per la ricerca assistitaCon una tale novità, Google sta ovviamente cercando di distinguersi da concorrenti come OpenAI nella corsa all’IA conversazionale. Attingendo ai suoi servizi esistenti (YouTube, Maps, Search), il gigante americano offre a Gemini un vantaggio unico: può sfruttare dati già strutturati per fornire risposte contestualizzate.
Se da un lato lo strumento facilita l’accesso alle informazioni, dall’altro solleva anche delle domande. I creatori di contenuti potrebbero vedere il loro lavoro riassunto senza che gli utenti visualizzino i loro video per intero, con un potenziale impatto sui loro introiti pubblicitari. Inoltre, l’efficacia di Gemini dipende dall’accuratezza delle query e dalla qualità delle fonti, un limite intrinseco dell’intelligenza artificiale generativa.
Per il momento, Google punta sull’accessibilità: la funzione è disponibile con un account standard, senza abbonamento a pagamento.
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La prossima major relase del sistema operativo per gli iPhone di Apple, ovvero iOS 19, dovrebbe portare in dote un significativo cambiamento in fatto di interfaccia utente. Lo si ipotizza sulla base di varie informazioni trapelate sino a questo momento e la conferma sembrerebbe arrivare anche dalle app Apple Inviti e Apple Sports che sono state recentemente rilasciate.
iOS 19: le app Apple Inviti e Apple Sport anticipano l’interfaccia utenteAndando più nello specifico, Parker Ortolani, un product manager e designer specializzato nello sviluppo di interfacce, ha sottolineato come le ultime applicazioni rilasciate da Apple, ovvero le già citate Apple Inviti e anche Apple Sports (che però non è disponibile in Italia), presentino un’estetica visibilmente differente rispetto a quella di iOS 18.
Ortolani ha sottolineato come queste app adottino uno stile che ricorda molto da vicino quello di visionOS. A suo dire, già Apple Sports risultava essere fuori contesto rispetto al resto di iOS 18, con un linguaggio di design che utilizza sfondi colorati, elementi dell’interfaccia utente fluttuanti vetrati, pulsanti in espansione e molte forme stratificate. Apple Invites porta tutto ancora oltre. Ha spaziose e belle schede, celle traslucide, grandi pulsanti in grassetto e pone particolare enfasi sul contenuto. Sembra insomma un chiaro accenno di ciò che verrà in un futuro aggiornamento di iOS.
Ricordiamo che il colosso di Cupertino dovrebbe togliere i veli a iOS 19 in occasione della WWDC 2025, la conferenza annuale dedicata agli sviluppatori, che si terrà, come di consueto, a giugno di quest’anno. Gli iPhone che supporteranno il nuovo aggiornamento dovrebbero essere tutti quelli che già sono in grado di eseguire iOS 18.
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